XV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI (3-28 ottobre)

I giovani, la fede e il discernimento vocazionale

Cardinale Baldisseri risponde alle domande di Silvia Marangoni, campionessa olimpionica di pattinaggio

Print Mail Pdf

silvia marangoni

Lo scorso 21 ottobre il Cardinale Baldisseri ha partecipato a Pordenone all’incontro con l’editoria religiosa per condividere il lavoro che la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi sta preparando per il prossimo sinodo sui giovani.

 

Dopo la sua conferenza durante l’incontro con l’editoria religiosa il Cardinale Baldisseri ha risposto ad alcune domande, tra queste a quelle di Silvia Marangoni, atleta, undici volte campionessa del mondo di pattinaggio artistico. Le sue domande sono state:

 

1. Sono stata campionessa del mondo e l’impegno agonistico e professionale mi limita nel seguire le attività che vengono proposte dalla Chiesa, se non l’ascolto della Messa alla domenica, e non sempre.

Quale proposta ci può essere per atleti e tecnici impegnati maggiormente nella loro attività il sabato e la domenica?

 

2. Il recupero dei valori cristiani e la loro diffusione nel mondo dello sport in particolare alle giovani generazioni può essere uno strumento nella lotta al doping?

 

Le risposte del Cardinale Baldisseri sono state:

 

La ringrazio per le domande che mi ha posto. Mi aprono la porta per dire qualcosa sullo sport e sulla sua importanza. Spesso, nelle riunioni di preparazione al prossimo Sinodo, sottolineo con i miei collaboratori il valore che riveste lo sport per i giovani.

 

Papa Francesco lo ha detto chiaramente nel suo intervento al Primo Incontro Mondiale “Sport e Fede”, tenutosi nell’ottobre dell’anno scorso in Vaticano (Aula Paolo VI): “Lo sport è un'attività umana di grande valore, capace di arricchire la vita delle persone, di cui possono fruire e gioire uomini e donne di ogni nazione, etnia e appartenenza religiosa”. E ha spronato tutti all’impegno per “assicurare che lo sport diventi sempre più inclusivo e che i suoi benefici siano veramente accessibili a tutti”.

 

Lo sport è agonismo, impegno, competizione, desiderio di primeggiare. Ma, allo stesso tempo, è anche divertimento, spirito di gruppo, desiderio di investire le proprie energie in qualcosa di sano, di pulito, di bello, che faccia bene al corpo e alla mente. È un’opportunità di mettere a frutto i talenti che Dio ci ha donato.

 

È inoltre un grande strumento di educazione per le giovani generazioni: educazione all’impegno e al lavoro per raggiungere dei risultati; educazione per imparare a collaborare con altri, dei quali a volte mettersi anche a servizio per ottenere lo scopo che ci si prefigge; educazione al rispetto degli altri e delle regole, educazione a saper perdere, ma anche e soprattutto a saper vincere senza che questo diventi occasione per insuperbirsi oppure per denigrare gli altri. Occorrerebbe investire di più sullo sport. E non parlo solamente in termini economici. Anche come Chiesa, sarebbe importante dedicare più energie allo sport. Perché, oltretutto, può essere un mezzo di annuncio del Vangelo, dei valori della vita cristiana, di sperimentazione di quella vita comunitaria (e non semplicemente ‘da compagnoni’) a cui tanti giovani aspirano.

 

Per entrare nello specifico delle domande poste, comprendo molto bene che lo svolgimento di un’attività sportiva, soprattutto se è a livello agonistico, può comportare una qualche difficoltà per una piena partecipazione alle attività proposte dalla Chiesa, a causa dei ritmi di allenamento, degli spostamenti frequenti, della preparazione alle gare. La Chiesa, comunque, è presente lì dove “due o tre sono riuniti nel nome di Gesù”. Penso che sia possibile costituire dei momenti di incontro, vissuti nella fede, tra gli sportivi che partecipano alla stessa attività agonistica. È forse possibile organizzare qualche momento di preghiera (libero, ovviamente, ma aperto a tutti) anche nei periodi di competizione. Ritengo molto importante, inoltre, conservare dei legami ‘affettivi ed effettivi’ con la propria comunità cristiana di origine. Oggi, con i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione, non dovrebbe essere difficile. È utile conservare un tempo, anche breve, per la preghiera personale. Anche in questo caso, i social network ci aiutano, con i diversi ‘luoghi nella rete’ in cui è possibile trovare indicazioni per la preghiera, letture adatte, suggerimenti fruttuosi su come pregare.

 

Circa la domanda sul recupero e la diffusione dei valori cristiani in relazione alla lotta al doping, penso che i valori cristiani, ma innanzitutto, la persona di Gesù, possano dare luce sul senso e sulla finalità di ogni attività umana, e quindi anche dello sport. Il doping è certamente un nemico da combattere. Ma credo che la lotta al doping vada inserita in un discorso molto più generale, che tocca il valore che noi diamo alla persona e il fondamento su cui strutturiamo l’attività sportiva. Se si considera che una persona vale solo quando ha successo, quando è all’apice, quando è ammirata da tutti, ecco che abbiamo aperto le porte all’uso di sostanze che lo aiutano a raggiungere questi obiettivi che sono divenuti “l’assoluto” davanti a cui inginocchiarci. Inoltre, non dobbiamo essere ingenui. La lotta al doping si inserisce in un discorso molto più ampio. Ci sono troppo interessi economici, di marketing, di potere collegati anche con il mondo dello sport. Nel discorso che ho citato precedentemente, il Papa Francesco ha sottolineato che è necessario “mantenere la genuinità dello sport, proteggerlo dalle manipolazioni e dallo sfruttamento commerciale. Sarebbe triste, per lo sport e per l'umanità, se la gente non riuscisse più a confidare nella verità dei risultati sportivi o se il cinismo e il disincanto prendessero il sopravvento sull'entusiasmo e sulla partecipazione gioiosa e disinteressata” Ed ha proseguito dicendo che “nello sport, come nella vita, è importante lottare per il risultato, ma giocare bene e con lealtà è ancora più importante”. Per questo vanno apprezzati coloro che si impegnano per “sradicare ogni forma di corruzione e di manipolazione”. Ecco, che tipo di persona e quale società umana vogliamo costruire? La risposta a questa domanda ci darà degli strumenti validi anche nella lotta al doping. So di società sportive che educano, già da bambini, a sani valori. Purtroppo, non sempre è così. Ma insegnare a un bambino che inizia l’attività sportiva il rispetto per il proprio corpo e il rispetto per l’altro, il valore dell’impegno per raggiungere dei risultati (ma che il primo risultato da raggiungere è il dare il meglio di se stessi), la bellezza e l’armonia di una vita vissuta per il bene di tutti, ecco, questi mi sembrano essere già i primi passi per un’efficace lotta al doping.

 

(Foto: La Tribuna di Treviso)